Treni che ci interpellano

T3Attilio Braglia, con le sue estese composizioni figurative dedicate ai treni e ai volti che dai finestrini dei treni ci guardano, compie una sorta di stupita meditazione sulla contemporaneità e sulla condizione umana.

Un bello e orribile / Mostro si sferra,/ Corre gli oceani / Corre la terra/…”. Così raffigura il treno, nel lontano 1863, Giosué Carducci nel suo Inno a Satana, che diventa inno alla macchina, alla ferrovia, al treno “forza vindice della Ragione”che spazza via l’oscurantismo ed apre alle umane sorti e progressive.

Anche per i futuristi, quasi mezzo secolo dopo, sia in letteratura che in pittura, il treno è emblema della velocità. Ma di una velocità non necessariamente “progressista”e che infatti devierà sovente verso il mito della guerra igiene del mondo, valori estetici a parte. Valori che in Braglia, e non solo per i suoi “treni”, sono ravvisabili in un originale recupero della dimensione umana ed umanistica.
Nella Francia del Fronte popolare 1936 1937, dei “congés payés”, il treno sarà simbolo gioioso delle vacanze al mare anche per i ceti popolari. Eichmann farà del treno, dei lunghi convogli di vagoni bestiame caricati di uomini donne bambini ridotti a Stuecke (pezzi) destinati allo Sterminio, una icona demoniaca del Novecento.
I volti che dai pertugi dei vagoni per Auschwitz puntano al cielo e cercano l’aria per respirare dietro intrecci di filo spinato sono un grido di angoscia che ancora ci ferisce.
Le figure che ci guardano mentre noi le spiamo dietro i grandi finestroni dei treni di Braglia ci ricordano a tratti, nella loro personalissima perfezione tecnica, il realismo magico dell’americano Hopper, figure imprigionate nel posto che temporaneamente occupano compiendo gesti ordinari: proporsi in canotta neorealista, denudarsi, sorridere, strillare ad un bimbo.
Dietro ogni figura c’è il sospetto di storie segrete, a volte inquietanti, soltanto vagamente intuibili. Figure, volti, corpi, posture che intrecciano momenti di sognati fatti di cronaca, citazioni da quadri barocchi, sorprendenti presenze mitologiche, poi anche elementi minerali, meccanismi, scorci urbani o geometrici che vi si sovrappongono per rispecchiamento.
Sguardi che escono dai confini del quadro, ora ammiccanti ora assorti a contemplare un punto lontano.
Una vita brulicante ci scorre innanzi, una vita che ci interpella sul viaggio della specie umana, sul senso di quel viaggiare, sulla memoria che ci costituisce.
Quasi una assorta speranza di recupero di senso, di rinnovata attesa di futuro che emerga dalle contraddizioni del presente. (Antonio Zambonelli)